regia Eimuntas Nekrošius
adattamento del testo, selezione musiche e assistente alla regia Tauras Cižas
con Mascia Musy, Annalisa Amodio, Corinne Castelli, Nicola Cavallari, Vanessa Compagnucci, Alessandro Lombardo, Paolo Mazzarelli, Paolo Musio, Renata Palminiello, Paolo Pierobon, Alfonso Postiglione, Nicola Russo, Stefano Vercelli, Gaia Zoppi
scene Marius Nekrošius
costumi Nadežda Gultiajeva
luci Audrius Jankauskas
Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Aldo Miguel Grompone
orari spettacolo
martedì, mercoledì, venerdì, sabato ore 19.30
giovedì, domenica ore 17.00
lunedì riposo
Dopo il recente successo del Faust, prima occasione di collaborazione produttiva tra ERT Fondazione e la Compagnia lituana Meno Fortas, Nekrošius si misura questa volta con una duplice sfida che non risiede solamente in un testo non teatrale ma anche nel lavorare con una compagnia non sua. Come accadde nel 2001 per Il Gabbiano, spettacolo che il regista lituano affrontò accompagnato da giovanissimi attori italiani dell’École des Maîtres, e nel 2002 con l’Ivanov di Cechov sempre con un cast di attori italiani, ma più maturi, si rinnova la sfida del regista a collaborare con attori a lui stranieri. La scelta di interpreti di una certa levatura capaci di sfidare il capolavoro letterario di Tolstoj è stata obbligata. Nella sue preferenze vi rintracciamo una condivisione che si esplica nella riconferma di alcuni attori tra cui Mascia Musy, Annalisa Amodio, Ursula Bachler, Alessandro Lombardo e Paolo Musio.
Si rinnova la potenza dell’elemento visivo, punto chiave della sua pratica teatrale, dove il teatro non è affare letterario ma si colloca in un immaginario collettivo in cui la forza comunicativa del testo si esprime attraverso la straordinaria visionarietà del regista, coadiuvata dal lavoro di ricerca di atmosfere ora dense ora sospese. Grazie a gesti e immagini semplici, il teatro di Nekrošius esclude una fruizione relegata al solo sforzo mentale mettendo in contatto lo spettatore con un mondo non verosimile ma vivo dove le immagini danno vita ad un mondo in cui tutti possiamo riconoscere paure e dolori. Gli oggetti si trasformano in protesi esplicative dell’animo dei personaggi, l’intuizione degli spettatori viene stuzzicata, così come tutti i sensi, il tempo si dilata per accogliere le azioni nel suo moltiplicarsi visionario.